L’agibilità è quel problema che non pensi di poter avere quando stai per vendere casa.
Fino a due anni fa si parlava poco di agibilità. Le case venivano vendute e acquistate senza chiedersi se avessero l’agibilità, o come si usava dire, l’abitabilità.
Ma da quando, nel Luglio del 2017, si è cominciato a palare dell’importanza della verifica di conformità edilizia e catastale sia per i compromessi sia per i rogiti, è tutta un’altra storia.
Capita così, che anche quando sei sicuro che sia tutto a posto perché non hai fatto alcun intervento sul tuo appartamento da quando l’hai acquistato, ci si metta di mezzo l’agibilità.
Forse non ci crederai, ma dalle nostre recenti statistiche su 100 immobili di Bologna, è venuto fuori che in 70 casi non si raggiungeva la conformità, e in 20, in particolare, c’erano difformità comunali.
L’agibilità, in passato, si otteneva tramite la Richiesta di CEA, Conformità Edilizia e Agibilità, una pratica edilizia che veniva presentata in Comune.
Oggi, in seguito al decreto nazionale del 2017 per la semplificazione edilizia, per averla bisogna presentare in Comune la SCCEA, Segnalazione Certificata di Conformità Edilizia e Agibilità.
Ma cosa vuol dire, nella pratica, che un immobile ha l’agibilità?
Sta ad indicare che è in perfette condizioni igienico-sanitarie, di sicurezza e salubrità.
Vediamo alcuni dei problemi più comuni che puoi incontrare durante una compravendita. L’agibilità:
Nei primi tre casi tieni pronto il portafogli perché ci sarà sicuramente da pagare una sanzione, oltre a fare una nuova richiesta di SCCEA.
Ma andiamo al quarto caso: sulla richiesta non è scritto se è stata data l’autorizzazione.
La mancanza di indicazioni è dovuta al cosiddetto “silenzio assenso”.
Il silenzio assenso è stato introdotto con l’art. 4, comma 1, del D.P.R. 425/1994.
Fino al 1994, infatti, una volta presentata la richiesta di agibilità, bisognava aspettare che il Comune desse la sua approvazione. Dunque, sul foglio della richiesta veniva messo un timbro con la data di rilascio dell’agibilità.
Con il DPR 425/1994, invece, trascorsi
e non avendo ricevuto nessuna comunicazione o richiesta di integrazione l’agibilità si considerava rilasciata secondo il sistema del silenzio assenso. Quindi, se anche tu possiedi un immobile che ha una richiesta di agibilità, non timbrata ma presentata negli anni tra il 94 e il 2001, non preoccuparti: probabilmente è stata autorizzata dal silenzio assenso.
Quel DPR è stato abrogato negli anni successivi e sostituito da varie leggi nazionali che si sono susseguite negli anni.
A Bologna, e nell’Emilia Romagna, la SCCEA segue le indicazioni dell’art. 23 della Legge Regionale 15/2013 in cui è stata recepita la legge nazionale 222/2016.
Oggi, a Bologna, e nel resto d’Italia per ottenere l’agibilità il tecnico deve presentare la SCCEA, Segnalazione Certificata di Inizio Attività, con allegati:
a) attestazione di chi è stato nominato direttore dei lavori
b) certificato di collaudo statico ed eventuale dichiarazione di regolare esecuzione
c) dichiarazione di conformità delle opere realizzate alla normativa vigente in materia superamento delle barriere architettoniche
d) gli estremi dell’avvenuta dichiarazione di aggiornamento catastale;
e) dichiarazione dell’impresa installatrice, che attesta la conformità degli impianti installati e l’eventuale certificato di collaudo
Con la SCCEA, infatti, viene dichiarato che l’immobile è conforme alle leggi e che rispetta le condizioni di risparmio energetico previste.
Dopo che la SCCEA viene protocollata dal Comune di Bologna l’agibilità si considera rilasciata.
Per oggi è tutto sull’agibilità. Considera, però, che non basterebbero altri 10 articoli per spiegare bene l’agibilità.
E considera anche che uno degli ostacoli per arrivare al rilascio dell’agibilità, spesso, è la mancanza delle dichiarazioni di conformità degli impianti.
Solitamente, queste dichiarazioni sono depositate in Comune ma non sempre è così.
E allora che si fa? Te lo raccontiamo nel prossimo articolo!
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